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Le cicatrici che cantano nell'album "Annie" di Phomea
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Si inaugura con la traccia omonima “Annie”, brano in inglese, vibrante e sofferto, questo nuovo lavoro dell’artista toscano Phomea dedicato a sua madre, Annie Denise Couture, e scritto quasi totalmente in italiano, fatta eccezione per i brani che incorniciano il disco, ovvero il suddetto pezzo di apertura e quello di chiusura, “Don’t look back”.
Sarà la dedica a sua madre che rende più struggenti le tracce o forse sono proprio le tracce struggenti a far sentire vivo sulla pelle il bruciore della sofferenza che ha caratterizzato il loro processo di scrittura, fatto sta che queste undici canzoni sono ruvide e taglienti come una lama che lacera la carne per liberare l’edema.
Sarà che “il corpo si abitua a tutto”, come canta Phomea in “Solo aria”, ma abituandosi finisce anche necessariamente per cambiare, per crescere conservando in una cicatrice il ricordo di quella lama che liberava l’edema. E più si cambia, più si cresce, più queste invisibili cicatrici dell’anima aumentano.
Sarà proprio quello il punto, allora, in cui la musica giungerà come terapia, di chi la scrive e magicamente anche di chi l’ascolta, come una divinità scesa dal cielo, come una “Santa Maria Elettrica”, prendendo in prestito il titolo del penultimo brano di questo disco.
Dopo l’esperienza con i S.U.S. e quella con gli Sparflatz e dopo l’ep del 2012, “La stessa condizione”, Fabio Pocci ovvero Phomea con “Annie” trova la sua dimensione e inaugura un percorso che speriamo possa condurlo lontano.
Per ascoltare questo disco seguite il link di Spotify: https://open.spotify.com/album/6HAYFrfIJlMZOPpDZ5LWoy?si=1imrlT-IQHSM3qOj90esGA" target="_blank" rel="nofollow">https://open.spotify.com/album/6HAYFrfIJlMZOPpDZ5LWoy?si=1imrlT-IQHSM3qOj90esGA
REBECCA “REBEL” PLUDA
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