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Intervista a Phomea per scoprire i segreti del suo secondo album

Posted by Contro Corrente on 15 ottobre 2019 alle 13.20



Ciao Phomea. Abbiamo ascoltato il tuo disco “Annie” e ci ha molto colpiti il concept, soprattutto il modo in cui sei riuscito ad affrontare un tema così delicato in maniera fortemente struggente ma senza mai sprofondare nel dolore senza via d’uscita. Se fossero ingredienti di un cocktail, secondo te quanta percentuale di speranza e quanta di disperazione c’è in questo tuo lavoro?

Ciao! Credo che la disperazione sia molto presente, sicuramente, ma solo come chiave d'ingresso. L'album è prima di ogni cosa una dedica, una lunga preghiera per esorcizzare, a modo mio, questa mancanza, ogni mancanza. La figura di mia madre è centrale nel disco, così come lo sono io, così come lo sei tu e tutti gli ascoltatori che tendono l'orecchio e ascoltano davvero.

Vedo molta speranza in questo disco, pur partendo dalla disperazione di una perdita importantissima, che sia tua madre, la tua memoria o la “tua” realtà.

 


I brani hanno una loro omogeneità pur essendo spesso molto diversi tra loro (addirittura in due pezzi canti in inglese mentre negli altri canti in italiano). A far da filo rosso c’è la tua voce che interpreta con grande intensità le emozioni. Quando e come hai cominciato a cantare, visto che – a quanto abbiamo letto – nasci come batterista?

È difficile per me formulare una risposta decente. Non sono un cantante nel vero senso del termine, uso la voce per come mi viene e per come si adatta su quello che voglio esprimere o che sento sul momento. Non ho mai realmente iniziato a cantare, preso lezioni o lavorato da “interprete”, e probabilmente si sente, per questo posso dire di farlo da sempre. Il canto, a un certo punto, è diventato uno strumento necessario, un modo per dare voce a quello che non potevo esprimere solo a parole o solo in musica.

 


C’è un brano in “Annie” che senti rappresentare più di tutti quello che potremmo definire lo “stile Phomea”?

In realtà ho sempre molti problemi a definire stili e generi. I brani sono molto diversi tra loro, non seguono realmente stili predefiniti. Credo che in realtà già questo possa bastare per definire lo “stile Phomea”. Mi piace pensare di poter fare quello che mi pare, dal pop al rock, metal, rap, noise o altro, purché sia il modo migliore per veicolare le sensazioni di quel particolare brano.

Poi, chiaramente, una predisposizione c'è, ma credo possa tranquillamente evolversi in altro col passare del tempo.

Detto questo, la prima canzone che mi è venuta in mente, così di colpo, leggendo la domanda è stata “Gravità”.

 


A livello di composizione, invece, per Phomea nascono prima i testi (o i concetti entro cui devono ruotare le parole) oppure le musiche?

Dipende molto dai singoli lavori, davvero. Questo stesso album non è stata una scelta consapevole quanto, in realtà, un momento (la nascita del pezzo “Annie”) che mi ha fatto capire che direzione dovevo prendere. Alcuni pezzi già erano completi, altri stavano nascendo e alcuni sono arrivati in seguito ma solo in quel momento tutto quello che mi passava per la testa ha avuto un senso.

Ti posso dire che, di solito, nasce tutto insieme, struttura musica e testo. Mi capita spesso di appuntarmi delle idee, delle frasi che poi finisco per riutilizzare, ma raramente nasce prima il testo della musica.

 

 


Tra l’uscita del tuo disco e l’estate hai partecipato a numerosi festival importanti. Ci sono altri live interessanti in vista? Come vivi la dimensione del concerto?

Sì, mi è capitato di suonare in situazioni particolarmente interessanti con questa uscita e ne sono molto soddisfatto. Al momento però, purtroppo, poca roba in vista. Ho avuto il piacere, proprio in questi giorni, di suonare insieme a Giulio Casale e stiamo cercando di chiudere qualche altra data per presentare il disco.

Per una realtà indipendente come Phomea (sia nelle modalità che nei contenuti) c'è davvero poco spazio là fuori, è difficile persino provare a instaurare un dialogo con gli “addetti ai lavori”, figuriamoci chiudere una data!

Il concerto è sicuramente il compimento dell'opera, è quel momento dove davvero il tuo lavoro prende vita, dove si crea un dialogo, più o meno intimo, tra l'ascoltatore e la musica. Sono quelli i momenti per cui vale ancora la pena mettere in musica le proprie idee e i propri sentimenti, dove ti metti davvero in discussione, non sei più tu (o forse lo sei davvero).

 


Abbiamo notato che hai pubblicato il tuo disco nella tarda primavera scorsa senza estrapolarne alcun singolo in particolare (e quindi neanche relativi videoclip). È stata una scelta per dare risonanza in egual misura a tutti i brani o da cosa è dipeso?

Riconosco che, nell'era dei singoli, questa è stata probabilmente una scelta suicida ma sì, volevo che l'album fosse vissuto come un'opera completa. Ogni brano ha una sua storia, un suo mood particolare, ma rimango sempre affezionato all'idea di album, di come tutti i pezzi riescano poi a ricongiungersi.

Abbiamo quindi aspettato per estrarre il singolo, “Mi manca un gesto”, che è stato pubblicato pochi giorni fa, l'11 ottobre, su tutti gli store e su youtube con un video girato e prodotto interamente da me.

(se vuoi puoi vederlo qui: https://youtu.be/6bqMdRjqxxM" target="_blank" rel="nofollow">https://youtu.be/6bqMdRjqxxM).

 


Chiudiamo con i saluti di rito. C’è qualcuno che vuoi salutare e ringraziare?

Innanzitutto vorrei ringraziare Doriana, per come si è appassionata al progetto, per i consigli e per il lavoro che svolge insieme a me per curare i rapporti con la stampa. Vorrei ringraziare Demetrio e Francesca, che curano l'etichetta con cui abbiamo pubblicato il disco, Melaverde Records. Vorrei ringraziare Serena, per il supporto morale, Andrea e Zven per il supporto tecnico.

Vorrei ringraziare anche te e tutti quelli che hanno dato un po' di spazio al progetto, quelli che si sono interessati e chi si è appassionato.

Potrei anche ringraziare quelli che invece non si sono mai degnati nemmeno di un “no”, che mi hanno fatto capire per l'ennesima volta che “non saremo mai come voi, siamo diversi” ma, no, dai, sarei troppo polemico.

Ciao a tutti!

 

ROBERTO BATTISTI

 

Categorie: Interviste

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